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Dal 24/11 al 17/12 TRIP: la mostra di Debora Leardini che racconta il viaggio delle vittime di abuso

“Subire un abuso significa perdere la capacità di riconoscersi, di avere accesso al proprio specchio interiore e percepire il proprio corpo e i propri pensieri in maniera familiare. Ciò che prima appariva intero e integrato non è più in grado di proteggere, offrire riparo, separare dentro da fuori. Ogni porta sembra essere aperta ed espone ad un continuo disorientamento. È come se i propri confini rompessero gli argini e l’abuso gettasse chi lo subisce in uno stato di eterna esposizione.” A parlare è la dottoressa Debora Leardini, psicologa e psicoterapeuta con la passione per la fotografia, che ha documentato attraverso quattro tappe un viaggio simbolico e fisico, che parte dalla frattura di una violenza subita e arriva alla rappresentazione di varie e intime forme di rinnovamento.

“Il progetto nasce dal racconto di un luogo interiore che smette di essere sicuro, riparato e segreto, grazie al coraggio di donne che hanno accettato di guardarsi e mostrarsi. Questa è una storia di donne in quattro tempi. Ciascuna delle quattro fasi rappresenta una tappa dell’elaborazione della violenza subita – prosegue Leardini – Un processo che inizia con il non sentirsi più a casa dentro il proprio corpo, prosegue con la scissione emotiva e la consapevolezza dell’abuso subìto, per intraprendere poi il viaggio di trasformazione con altre donne e condividerne il peso, fino al racconto del recupero e della convivenza con le fragilità che l’esperienza ha provocato”.

Questo progetto viene raccontato in una mostra fotografica dal titolo “Trip”, che può essere tradotto come viaggio ma anche inciampo, e sarà visibile a Padova dal 24 novembre al 17 dicembre 2021 all’interno del cortile pensile di Palazzo Moroni grazie al sostegno di Tigotà.

L’esposizione di Gruppo Polis, che sostiene il reinserimento sociale e il benessere di persone che vivono in contesti di fragilità a cominciare dalle donne vittime di violenza, ha lo scopo di lanciare un messaggio chiaro nel mese in cui si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre): “Non siete sole”.

“Non è facile per una donna intraprendere un percorso di uscita dalla violenza.” spiega Alice Zorzan, referente dell’Area Contrasto alla Violenza di Genere di Gruppo Polis “Spesso le donne vittime di violenza entrano in una spirale di paura e di dipendenza affettiva che rende loro difficile uscire dalla situazione di abuso in cui si trovano. Il più delle volte la leva che le porta a chiedere aiuto è l’esposizione diretta dei figli ai maltrattamenti, ma non si può generalizzare perchè ogni donna ha il proprio limite oltre il quale non è più disposta a subire. Il consiglio che diamo è quello di chiedere aiuto rivolgendosi al 1522, il numero verde istituito dal Dipartimento per le Pari Opportunità, che indirizza al centro anti-violenza più vicino. All’interno dei centri antiviolenza e della Case Rifugio, una volta superata la fase della protezione e appurata la sicurezza del nucleo, il lavoro delle operatrici è quello di affiancare le donne nella costruzione del loro futuro, con la ricerca di un’entrata economica sufficiente all’indipendenza e al sostentamento suo e dei figli, un’abitazione e un contesto territoriale tutelante e sicuro.”

“Il sostegno alle persone in difficoltà – spiega Stefania Casonato, Amministratore Delegato di Tigotà – è rappresentativo del nostro sistema valoriale. In Tigotà contiamo più di 4350 collaboratrici, l’85% sul totale delle persone che lavorano con noi. Ma questo non è l’unico aspetto che fanno di Tigotà un’azienda vicina all’universo femminile. L’attenzione è rivolta a tutti gli aspetti della vita di una persona, anche quelli più difficili. Nei confronti delle lavoratrici vittime di violenza di genere è previsto uno sportello di ascolto aziendale unitamente a diverse misure di tutela: le richieste di aspettativa vengono infatti valutate e validate nel più breve tempo possibile, c’è inoltre la possibilità di richiedere il trasferimento presso una diversa filiale del gruppo al fine di offrire maggiore protezione alla vittima e, in caso di malattia derivante dalle conseguenze di violenze di genere, il periodo di conservazione del posto di lavoro è stato esteso a 240 giorni, rispetto ai 180 previsti dalla legge.”